Perché il riciclaggio di danaro sporco ultimamente parte da San Vito al Tagliamento e finisce in Cina? Cosa lega i faccendieri del Veneto orientale appena arrestati a Marco Bonavero e Severino Pivetta? Che c’entrano i soldi sporchi dei mafiosi delle Triadi? Davvero il Cina Ingross è un concentrato mafioso delle Triadi Cinesi?
In un precedente articolo vi abbiamo informato dell’ultima operazione dalla Guardia di Finanza di Pordenone. Sotto inchiesta un migliaio di aziende venete e lombarde che avrebbero trafficato a nero centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti ferrosi.
Residui di produzione, metalli non controllati ed inquinanti, fusi per anni nelle acciaierie del nord ed est Italia. Con un notevole impatto negativo. Sia per l’erario che per l’ambiente e la salute pubblica.
Ad operare la truffa fiscale, finalizzata al riciclaggio di denaro sporco ed all’ottenimento di illeciti vantaggi erano due gruppi criminali. O meglio tre. Un primo gruppo di faccendieri di San Vito al Tagliamento (tra cui spiccano Marco Bonaveno e Severino Pivetta) è stato arrestato nel corso dell’operazione della Gdf di Pordenone denominata “Maxi Truffa Fiscale Internazionale”.

Un secondo gruppo di trafficanti della stessa cittadina (Cossarini, Donati e Palombi) è invece stato arrestato pochi giorni fa nell’ambito dell’operazione “la Via della Seta”. In entrambi i casi i loro sodali erano cinesi residenti in Italia e ritenuti dagli inquirenti come organici alla mafia delle Triadi.
Con un diabolico piano criminale, italiani e cinesi, avrebbero evaso il fisco e lavato centinaia di milioni di euro. Un giro di denaro sporco e fatture false che non avrebbe precedenti, almeno nel “bel paese”.
Tutti i nomi degli indagati

Gli arrestati (dopo Bonavero e Pivetta, e tutti ormai ai domiciliari) sono stavolta cinque. Fabrizio Palombi, 42 anni, nato a San Vito al Tagliamento ma residente a Lugano e domiciliato a Portogruaro. Roger Donati, 48 anni, nato a San Vito al Tagliamento ma anche lui residente a Lugano e domiciliato a Portoguaro. Stefano Cossarini, 46 anni, nato a San Vito al Tagliamento e residente a Jesolo. Le forze dell’ordine li hanno sorvegliati a lungo. E ne hanno documentato le attività con dovizia di particolari.
Cossarini si spostava liberamente, prima della fine del lock-down, tra nord e centro Italia. Pare fosse molto indaffarato. Raccoglieva dagli imprenditori cinesi legati alla mafia delle triadi montagne di danaro contante. Non sappiamo quale fosse il suo mezzo di trasporto per “questi lavori”. Certo è solo che le Fiamme Gialle hanno acquisito agli atti la documentazione di due “super car” con targa svizzera. Una Porche Macan ed una Ferrari Portofino, personalizzate con gusto italiano e secondo le indicazioni di Donati.

Il suo socio Palombi viveva invece una vita assai più sedentaria. Che fare il colletto bianco della banda gli stesse stretto sembra provato. In una intercettazione ambientale del febbraio 2019 è stato registrato mentre si lamentava coi soci. Era “stanco di stare davanti al computer per sistemare i conti per chi? Per te, per me, per tutti quanti, perché se tutto va bene, tutti son tranquilli”.
Ufficialmente però, era solo il consulente esterno delle aziende al centro di questo imbroglio. La Metal Nordest srl di Concordia Sagittaria (in liquidazione), Femet srl di San Quirino (terminata nel 2019) e Ecomet srl di Santa Lucia di Piave (ancora operativa). Per gli inquirenti ne era invece l’amministratore di fatto. Addetto a seguire la parte gestionale e fiscale ed i rapporti bancari. Allo stesso modo dava indicazioni agli intestatari fittizi delle attività altre aziende ed ai loro collaboratori.
Intercettazioni ambientali e microspie
Palombi, registrato dagli inquirenti ad ottobre 2018 rimproverava aspramente Guido Masciello, l’operaio al quale aveva intestato fittiziamente la Ecomet. Masciello aveva infatti lasciata parcheggiata in piena vista all’esterno della ditta una motrice con targa slovena. Per questo Palombi lo rimproverava aspramente. “Due tre robe che non van bene il camion (bestemmia) parcheggiato fuori? (…) Guido capisci l’italiano, il camion l’hai parcheggiato fuori (bestemmia) targato sloveno? (…) Ma dai (bestemmia) dai (bestemmia) venite qua dai (bestemmia) ma come lavorate”.
Cossarini si sarebbe invece occupato della creazione e della gestione occulta delle società estere prestanome e delle cartiere. Un mare di documenti alterati o falsi. Certificati comunitari, bolle di trasporto, fatture farlocche. Pezze d’appoggio per giustificare flussi bancari, movimentazioni inesistenti e rottami metallici inquinanti.
La truffa era un affare di famiglia
Ai tre compari passavano per le mani soldi a palate. Ma era soprattutto il contante a nero che i cinesi restituivano in cambio dei bonifici. I faccendieri gestivano direttamente solo la fase iniziale e quella finale del riciclaggio. La maggior parte delle società di diritto estero erano presumibilmente intestate a teste di legno. Solo le aziende chiave dovevano essere gestite direttamente.
E’ il caso della FP Investments & Trading Sagl (CHE-388.029.346, Via Serafino Balestra 33, 6900 Lugano) in cui Fabrizio Palombi compare come socio e presidente della gerenza (cittadino italiano, socio e presidente della gerenza con firma individuale, con 200 quote da CHF 100.00) e tale Subhi Saffaye’ (cittadino italiano, in Lugano, gerente, con firma individuale).

Donati è invece coinvolto nella gestione di altre tre società svizzere. La NTC Trading SA (CHE-412.046.873 Via Pretorio 13, 6900 Lugano), la Olympia International SA, in Lugano (CHE-320.064.536, Via Nassa 38, 6900 Lugano) e la SPD SWISS PROTECTION DEVICES SAGL (CHE-270.486.086 Via Pretorio 13, 6900 Lugano).
Gli affari si fanno in famiglia
Tutto comunque rimaneva in famiglia. Per questo, almeno secondo gli inquirenti anche la compagna di Palombi, Tania Franzin e la consorte di Donati, Carla Gottardis avevano le mani in pasta.
Identificati i committenti, gli evasori e le teste di paglia
Sarebbero almeno 53 i compari della banda sino ad ora identificati. Fra loro figurano i committenti delle false fatturazioni. Ma anche prestanomi e teste di paglia. A far loro compagnia trasportatori e fiancheggiatori a vario titolo. Tutti attualmente indagati a piede libero.

Altan era, ma solo sulla carta, l’amministratore della Femet srl mentre Masciello figurava essere alla guida della Ecomet srl. Anche Giuseppe Farano sarebbe stato una delle teste di legno della banda figurando come amministratore legale della Biotekna doo di Nova Gorica.
Sotto inchiesta anche tutti i fiancheggiatori
Nei guai sono comunque finiti in tanti. Tra gli indagati i cui nomi sono stati resi pubblici figurano gli amministratori delle società che effettuavano i trasporti, a nero o fittizi. Per la Verza Pietro spa, l’amministratore Roberto Pellizzari, un 50enne di Belluno. Ma anche il suo impiegato, Fabrizio Modolo, un 55enne di Susegana.
Per la Bielle Metalli srl, Luca Cavaliere, un 45enne di Este. Insieme a lui il 53enne trevigiano Alessandro Basso. Per la Soligon spa, l’amministratore Alberto Soligon, 41enne di Conegliano.
Inquisiti anche il vertice del consiglio di amministrazione della Franciacorta metalli srl. Il 59enne bresciano Mauro Guarnieri ed il suo dipendente Mario Boglioni. Insieme a loro coinvolti anche i trevigiani della Veneta Metalli srl. Alessandro De Zan, di 63 anni e Matteo De Zan di 27enne.
Truffa colossale, sequestri preventivi
Come nel caso della “Maxi Truffa Fiscale Internazionale” che ha decretato il sequestro preventivo a carico di Bonavero & co. anche nel caso dell’operazione “Via della Seta” la magistratura ha disposto il blocco di ingenti patrimoni riconducibili agli indagati.